La Rugby Roma di fronte al suo futuro

Il day after della Futura Park Rugby Roma ha il sapore amaro della disfatta. Difficile dare un altro nome alla doppia sconfitta rimediata in semifinale da un Prato che, a giudicare da quanto visto in campo, farà fatica ad impensierire il Venezia nella finale di domenica a Viadana che sancirà la neo-promossa in Super10.


Al termine di un anno come questo resta solo da rimboccarsi le maniche e cercare, tra le macerie del Tre Fontane, le cose positive da cui ripartire.

Se si potesse assistere al film della stagione il primo tempo sarebbe alla…Dario Argento.

Si è cominciato con squalifiche, errori nel tesseramento, conseguenti penalizzazioni e partite perdute a tavolino, ricorsi e carta bollata in quantità industriale(vedi caso-Visser, n.d.r.).

Poi abbiamo assistito all’allontanamento del presidente operativo Ambrogio Bona- cui vanno riconosciuti grandi meriti nel salvataggio della società all’epoca della crisi post-scudetto- che si era molto allontanato, nella gestione, dalla tradizione della Rugby Roma.

A questo punto l’arrivo del direttore sportivo Angelo Bencetti, ex-giocatore molto apprezzato dall’ambiente bianconero, sembrava aver riportato serenità in seno alla società più blasonata della capitale.

La squadra aveva ricominciato a girare trovando lungo la via un suo equilibrio che l’aveva proiettata al primo posto nel girone.

L’ambiente dei vecchi giocatori, allontanato durante la gestione-Bona, si era ricompattato attorno al Tre Fontane e il pubblico era più numeroso alle partite.

Questa calma apparente è, però, durata poco ed è difficile pensare che a questa mancanza di serenità dell’ambiente sia del tutto estranea la lontananza, fisica e psicologica, della proprietà.

Il patron Abbondanza è un imprenditore di successo che è stato coinvolto nel rugby all’epoca della crisi ed ha il grande merito di aver riportato tranquillità economica all’EUR, ma se vuole rendere fruttifero il suo investimento dovrà cambiare la politica gestionale della società conferendo stabilità ispirata alla tradizione, unico patrimonio intoccabile della Rugby Roma.

Due delle poche cose che hanno funzionato, il settore giovanile e la comunicazione, sono gestite, guarda caso da due bianconeri doc come Roberto Fazzini e Massimiliano Mosetti.

Anche per la squadra è ora di voltare pagina. I due anni di Michel Ringeval hanno prodotto molti rimpianti e diverse perplessità.

Perduti i fenomeni che nella scorsa stagione tenevano in piedi la baracca, Erasmus e Tapuai, è mancato un vero progetto per un team costruito in modo estemporaneo.

Troppo corto e insufficiente il reparto degli avanti, incomprensibile la scelta dello straniero giapponese Shinomiya, assolutamente inadatto, ha stupito la gestione dei giocatori nel momento decisivo.

Due esempi per tutti:aver tenuto in panchina Mazzi nella partita di andata a Prato salvo farlo entrare quando era troppo tardi.

Relegare in panca nel ritorno al Tre Fontane Anversa, miglior calciatore del campionato per gettarlo in campo quando il destino era compiuto, incomprensibile.

Sembra giunto il momento di mettere da parte i proclami e di tornare a “romanizzare” la squadra a cominciare dalla panchina, i nomi, Pratichetti, De Carli, Roselli, non mancano.

La svolta deve avvenire presto, domani potrebbe essere già tardi.


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