Magners Celtic League, un’altra puntata ma il finale non cambia

David Lyons, n.8 degli Scarlets C’è un’altra puntata da aggiungere alla telenovela realtiva all’ingresso delle due squadre italiane nella Magners Celtic League. Giusto raccontarlo per dovere di cronaca, anche se il finale della storia resta quello anticipato su questo blog nel post del 27 febbraio scorso. Ieri ad alimentare le speranze di chi – per amore delle proprie idee o semplicemente per dovere di appartenenza – continua ad essere ottimista a tutti i costi, era noto si dovesse tenere una riunione del Board della Scottish Rugby Union e che da essa dovesse uscire la ormai chimerica “fumata bianca”.

In effetti, la riunione si è tenuta come previsto ma nessuna decisione è stata presa rispetto alla “questione italiana”, anzi.

Gli scozzesi hanno fatto sapere che, prima di considerare un cambiamento importante come quello di ratificare l’ingresso di due nuove realtà, è necessario rendere più professionale la struttura della Lega finora inadeguata e con un organico troppo limitato.

Oltre al tema della ripartizione più equa della governance, dunque, gli scozzesi starebbero puntando il loro mirino anche su altre questioni e i rumors più accreditati riferiscono che vorrebbero la testa del chairman della Lega John Hussey, inspiegabilmente in ferie proprio in un periodo caldo come questo.

 Sia come sia, altri giorni passano senza che venga messo nero su bianco per l’ingresso italiano che si allontana sempre di più.

 Il prossimo appuntamento sarebbe una rinuione del Board della Celtic League tra non meno di due settimane.

Considerato che il presidente della FIR Dondi ha stabilito in lunedì prossimo la dead line per il sì all’Italia e che a marzo inoltrato sarebbe davvero complicato pensare ad un ingresso per il 2010, ci si può cominciare a concentrare sul piano B (leggi: campionato italiano a sei franchigie) con buona pace dei “giornalisti più promettenti del rugby italiano”.


4 Responses to “Magners Celtic League, un’altra puntata ma il finale non cambia”

  • Alessio Says:

    Scusa Alessandro,
    ma chi sarebbero questi giornalisti più promettenti? Io ne vedo ben pochi in giro!

  • Gino Says:

    Ma la domanda e`: il campionato a sei “franchigie” a cosa serve?

    Non serve a radicare il rugby sul territorio, perche’ saranno squadre molto meno legate al territorio di quanto non lo siano i club.

    Non serve a migliorare la coesione e l’affiatamento delle squadre, perche’ i giocatori si troveranno a giocare un po’ col club di appartenenza, un po’ con la franchigia, un po’ (forse) con la nazionale.

    Servira` a strapazzare un po’ la lingua italiana, visto che in questo contesto “franchise” va tradotto con “concessionaria”, non con “franchigia” che vuol dire tutt’altro.

    Ma a parte questo?

  • Bruno Says:

    @Gino

    credo che concentrare le forze (sia in termini finanziari che di parco giocatori) sia una necessità per il rugby italiano al momento. In questo senso sei “entità” possono essere un buon compromesso tra rappresentatività territoriale e ottimizzazione delle risorse. E’ ovvio poi che, quale sia il “contenitore” adottato, bisogna lavorare su quello che ci si mette dentro.
    Credo che in questi anni la FIR si sia poco curata della base e abbia preferito gestire l’alto livello ben più remunerativo e appariscente. Ma se non si migliorerà la presenza del rugby sul territorio (penso ad una politica di visibilità che vada oltre il 6N), se non si porterà un maggior numero di ragazzini al rugby, se non si lavorerà in termini meritocratici a tutti i livelli (giocatori, dirigenti, tecnici, arbitri), se non si porterà pubblico (e quindi generando interesse di sponsors e tv) allora non c’è formula magica che tenga, saremo destinati al fallimento.
    Rammento tralaltro che in paesi come Giappone e Russia si sta investendo molto sul rugby, e non è così assurdo pensare che prima o poi anche queste nazioni potrebbero raggiungerci e superarci.

  • Alessandro Says:

    Quoto completamente quello che ha scritto Bruno aggiungendo che:
    posto che siamo tutti d’accordo sul fatto che l’attuale Super10 è morto bruciando risorse e producendo ben poco, concentrare le risorse è assolutamente necessario. Oggi i club di base non ce la fanno più a sostenere i costi, basti vedere quanto accade a Rovigo, Rugby Parma e a quasi tutte le società, tranne Benetton e, finora, Prato. L’idea del nuovo campionato delle “franchigie”, se gestito per il bene del movimento, potrebbe essere una soluzione. Quello che è certo è che bisogna fare presto

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