Perugini:”Pronti a batterci”

Perugini ai tempi del Tolosa Salvatore Perugini, detto Totò. Lui ha vissuto tutte le dieci edizioni del Sei Nazioni e si appresta ad affrontare l’undicesima. Eletto giocatore italiano dell’anno 2009, conserva lo spirito della prima volta:”Per me è stato un anno divertente, ma ho fatto solo il mio lavoro. Nel rugby può cambiare presto, mai sentirsi arrivati, posso dire solo che in nazionale e nel club oggi vivo una situazione fortunata”. Da anni gioca in Francia (ora è nel Bayonne).

Cosa manca al rugby italiano?:”Da noi la poca organizzazione inibisce le potenzialità dei giocatori.

Il sud, per esempio, è un bacino eccezionale di giocatori, Il nostro carattere è adatto al rugby, ma emergere da noi è ancora più difficile”.

Perugini ha un legame di ferro con le proprie radici:”Sono nato a Ponte Landolfo, in provincia di Benevento e non fosse stato per il rugby non mi sarei mai spostato, il legame con la mia terra è fortissimo.

Vengo da una famiglia solida, che mi ha dato valori, ma mia madre, insegnante, ancora rimpiange che non mi sia laureato”. 

Come ha conosciuto il rugby?:”Nel ’94 vidi in tv la finale per lo scudetto tra il Milano di Dominguez e L’Aquila allenata da Mascioletti.

Guardando quegli uomini pensai che sarebbe stato bello giocare con loro.

Dopo poco ci fu un reclutamento a scuola, andai al campo e mi innamorai subito dell’ambiente senza lasciarlo più.

Quando posso ancora frequento il mio primo club, il Santa Maria Capua Vetere Rugby Clan”.

 Oggi è uno dei piloni migliori del mondo e affronta un Sei Nazioni difficile:”L’inizio è tremendo, per me l’Irlanda gioca il miglior rugby d’Europa.

Hanno un’organizzazione strepitosa, nazionale e club vincono e sfornano giocatori, non è un caso.

 Ma noi abbiamo acquisito grande consapevolezza nei match di novembre”.

Cosa ha significato giocare a S.Siro davanti a 80.000 persone?:”Quel giorno nelle nostre teste si è acceso un interruttore, ci siamo detti “non possiamo crollare”.

Ecco, abbiamo capito che siamo al loro livello e che non possiamo deludere la nostra gente.

Ora la squadra vuole battersi davvero.

Se il risultato sarà stretto nel finale ce la giocheremo con tutti”. 

In passato ha avuto problemi di disciplina in campo, oggi non commette più falli:”Ho commesso alcuni errori in gioventù per istinto e inesperienza.

Ora gioco abitualmente ad alto livello e ho potuto migliorare il controllo.

Anche l’approccio alla partita è migliorato, adesso sono maturo.

Ecco, questo manca ai giovani italiani.

Bocchino, Derbyshire, Cittadini, Favaro devono giocare ad un livello formativo, i ragazzi ci sono.

Il rugby italiano ha bisogno di un cambiamento rapido”.

Quest’anno non ci sarà Parisse:”Sergio è un fuoriclasse e un grande capitano, ci mancherà.

Ma nessun giocatore gioca da solo, è uno dei punti di forza del rugby:il singolo può influire sulla sconfitta, non sulla vittoria che si ottiene tutti insieme.

Nel gruppo ci sono anziani che possono aiutare, ma sono contento che Mallett abbia scelto Ghiraldini, farà molto bene”.

Il guerriero sannita è pronto alla battaglia, che il suo esempio sia da guida.


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