L’Italia deve imparare a vincere

italiani in festa Domani (ore 14.15, diretta tv su La7) si gioca l’ultimo atto del Sei Nazioni 2009, per l’Italia un torneo in salita. Sull’erba del Flaminio scende la Francia ferita dall’umiliazione di Twickenham, entrambe le squadre hanno sete di vittoria. Tre sconfitte nelle prime tre giornate, gli Azzurri hanno riguadagnato terreno sull’impervia strada dell’autostima grazie alla solida prestazione contro il Galles.

Non è stato sufficiente per vincere, ma almeno il sorriso è tornato sui volti dei 30.000 del Flaminio e i giocatori hanno potuto rialzare la testa.

Verrebbe da dire, e adesso?

Nick Mallett sfodera il suo miglior pragmatismo e schiera, ma le alternative non erano molte, la medesima squadra di una settimana fa.

Anche il piano di gioco, a sentire i protagonisti, sarà più o meno lo stesso : occupazione dello spazio, difesa, largo uso tattico del gioco al piede e pressione.

Il resto lo dovrebbe fare la naturale tendenza dei Galletti di Lievremont a concedere turn-over, una valanga nel primo tempo contro l’Inghilterra.

In realtà, il carattere latino della Francia ha abituato a grandi riscatti dopo sconfitte brucianti, c’è poco da stare allegri.

La stampa transalpina ha sparato a zero dopo la “Waterloo” ovale e non c’è nulla di più pericoloso dei Bleus quando hanno le spalle al muro, come hanno avuto modo di scoprire gli All Blacks nell’ultima World Cup.

 Lievremont schiera oggi una squadra più solida di una settimana fa, anche se insiste con la acerba mediana Parra-Trinh-Duc, 44 anni in due, e non ha un place-kicker affidabile.

Per tornare agli Azzurri, il problema più grande sembra essere ora quello di riuscire a convincersi che possono vincere.

 Non facile per una squadra che dal settembre 2007 ad oggi ha vinto solo due match.

Certo, il calendario internazionale non aiuta.

Nei Test di giugno e novembre da qui fino al 2010 l’Italia continuerà ad incontrare a rotazione Sudafrica, Nuova Zelanda e Australia che, se aggiunte alle rivali del Sei Nazioni, mettono in fila le prime otto del mondo.

Se è vero che una mentalità vincente si costruisce vincendo, sembra vitale che Dondi raccolga il grido d’allarme che Mallett ha lanciato in questo senso e batta qualche pugno sulle scrivanie dell’International Board, l’organismo che stila i calendari del rugby.

Anche all’Italia farebbe comodo, di quando in quando, incontrare il Canada, gli Stati Uniti o la Georgia, come accade spesso alle nostre rivali europee.

 Perdere venti partite di seguito non sarebbe produttivo né tecnicamente, né commercialmente, specialmente per la più attendibile candidata ad ospitare la Word Cup 2015.


Leave a Reply