Gli All Blacks respingono l’assalto dell’Australia

La Nuova Zelanda con un perentorio 32-12 spedisce un messaggio preciso al resto del mondo:il trono è ancora nostro.
Come al solito in queste occasioni così speciali, ogni particolare del cerimoniale pre-gara tradisce l’importanza del match.
Già dall’atmosfera creata dagli inni nazionali si intuisce il significato della battaglia che sta per essere combattuta.

I tutti neri hanno sì vinto i propri test a giugno, ma non sono sembrati così brillanti come in novembre, il turn-over imposto dal ct Henry comincia a creare qualche malumore, un passo falso aprirebbe una finestra sugli incubi peggiori del rugby neozelandese e sull’incapacità di arrivare ai mondiali in forma per vincerli.
Per l’Australia di Connoly c’è la voglia di dimostrare che le vittorie contro Inghilterra e Irlanda sono solo l’inizio di un nuovo cammino di gloria dopo il disastroso 2005.


I primi piani alle note degli inni tradiscono la commozione del respiro corto e degli occhi pieni di lacrime negli spettatori così come sui volti segnati dalle battaglie dei giocatori, anche dei più esperti. L’intensità del momento è una materia solida che potresti affettare con una lama, la folla del Jade Stadium di Christchurch ne è schiacciata.
Arriva il momento più atteso da tutti, il momento in cui gli All Blacks sfidano il mondo lanciando il grido dell’Haka in faccia agli avversari.

In barba alle richieste della Federazione Neozelandese di Rugby(NZRU) i giocatori hanno scelto Kapa ‘o Pango, la danza che si chiude col gesto del simbolico taglio della gola. Ricoh Gear la comanda, perfino il pakea(bianco) Mc Caw la interpreta con l’anima, i tatuaggi du Weepu sembrano vivi, lo sguardo di Collins è una lama, oggi non faremo prigionieri.

La partita comincia segnata dalla grande attenzione delle due squadre, nessuno vuole rischiare di scoprirsi per primo, così il primo quarto d’ora produce solo un calcio piazzato per parte. Sia Mortlock per l’Australia che Carter per la Nuova Zelanda spediscono l’ovale fuori dai pali.
Al 16′ il primo lampo porta la firma di Matt Rogers che, schierato n.12 per l’infortunio di Giteau presente in panchina, capitalizza al meglio l’iniziativa di Latham che lo lancia verso l’out di sinistra dopo aver scavalcato la linea difensiva dei padroni di casa con un calcetto per sè. Rogers vola verso la bandierina attirando la difesa di Gear e passando l’ovale all’interno sulla testa dell’avversario. Tuqiri è un falco che deve solo raccogliere la preda e volare in meta, trasformazione di Mortlock e 7-0 per l’Australia, stadio sotto shock.

Il capitano Mc Caw richiama i suoi, la riscossa parte dal pack.
Hayman, ma soprattutto Woodckock, cominciano a brutalizzare gli avversari diretti Holmes e Shepherdson, i nuovi giovani piloni su cui conta Connoly per dare un futuro di vittorie alla mischia dei Wallabies.

Al 26′ un nervoso Carter sbaglia un altro piazzato, ma un minuto dopo arriva la svolta dell’incontro. Rocky Elsom, terza linea che Connoly ha responsabilizzato nel suo sistema, paga il suo gioco sporco nelle fasi a terra e alcune proteste fuori luogo espresse in precedenza nei riguardi dell’arbitro Kaplan, giallo ed espulsione temporanea per 10′, nel rugby il rispetto per avversari e direttori di gara è un valore da difendere.

La superiorità numerica è qualcosa che non ti puoi permettere di concedere ai migliori del mondo:gli All Blacks sentono l’odore del sangue e affondano le zanne al collo della preda.
Mealamu, il miglior tallonatore del pianeta, ci mette tre minuti a trovare il varco e a planare con l’ovale in meta dopo una touche ai 5 metri avversari viziata, per la verità, da un fallo di Eaton su Vickermann. L’ovale vola davanti a Shepherdson imbalsamato e Mealamu ne approfitta, la trasformazone di Carter pareggia i conti sul 7-7.
Passano altri 5′ e ancora Mealamu sintetizza al meglio il killer-insitinct del suo team scavando il solco nel punteggio:una ruck a pochi metri dalla meta costituisce la base di partenza per il guastatore Mc Caw che attira la difesa su di sè per poi lasciare l’ovale al suo n.2. Meta in volo sui corpi di compagni e avversari e trasformazione di un Carter finalmente disteso fissano lo score all’intervallo sul 14-7.

Il secondo tempo si apre con una Australia di nuovo volitiva ma un “in avanti” di Larkham vanifica un bel drive nei 22 metri avversari.
Al 46′ è splendido Muliaina, schierato per la prima volta in un test a n.13, nel raddrizzare la corsa all’altezza del centrocampo e a piazzare il breack nel cuore della difesa aussie, gl ospiti ricorrono al fallo a terra, Carter non sbaglia più, 17-7.

Tre minuti dopo Kaplan deve ricorrere al TMO (Television Match Officier) per concedere la meta a Mc Caw. Dopo aver affettato la difesa di Gregan e compagni-troppi i placcaggi sbagliati per gli australiani – Mauger lancia con un calcio, in perfetto Canterbury-style, l’ovale per lo scatto di Rockocko che contende, forse fallosamente, il pallone al recupero di Larkham. Il più lesto di tutti è il capitano Mc Caw che tocca l’ovale tra le gambe del n.10 australiano, meta concessa dalla moviola e trasformata da Carter, 24-7.

A questo punto gli ospiti tentano una reazione che frutta una meta del nuovo entrato Scott Fava al 53′, Mortlock non trasforma il 24-12.

Gli uomini di Connoly guadagnano il possesso dell’ovale, Smith è il solito uomo-ovunque, il pack si batte con coraggio ma la difesa di So’oialo, Collins e soci è perfetta e inibisce le velleità dei Wallabies.
Carter ha a disposizione due calci di punizione, segna quello al 5′ e fallisce l’altro al 67′ fissando il punteggio sul 27-12.

A 3′ dal termine il diciottenne Toeava, talento subentrato a Gear, marca la sua prima meta internazionale dopo aver volato per tuttto il campo in capo ad un contrattacco lanciato da Carter dopo aver intercettato un calcio di “ghost” Larkham, 32-12.

Kaplan dice che la prima battaglia è finita, Mc Caw sente già mezza Bledisloe Cup in tasca mentre stringe la mano a Gregan, Connoly medita sul ridimensionamento dei suoi dopo lo splendido giugno dell’Australia.
Sabato prossimo i Wallabies dovranno cercare una rivincita battendo il Sudafrica per continuare a sperare di contare qualcosa in questo Tri-Nations che li attendeva come possibile sorpresa.

Man of the match:Kevin Mealamu non solo ha realizzato le due mete del sorpasso nei 10′ di superiorità numerica, ma è stato una presenza costante sui punti d’incontro, un sostegno continuo nel gioco aperto – memorabile un suo cambio di direzione al 65′ – un leader del pack, preciso nelle rimesse in touche, difensore strenuo.

Cosa volete di più dal miglior tallonatore del mondo?


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