La Fir non lasci Mallett da solo a decidere

Nick Mallett Dobbiamo ripeterci. Contro le prime dieci squadre del ranking internazionale l’Italia di oggi, nove volte su dieci, è destinata alla sconfitta. Il rugby non consente bluff ed esprime  sul campo valori oggettivi. Il problema, semmai, è su come questa sconfitta matura. Il rugby italiano ha compiuto in pochi anni un salto verso l’alto senza precedenti che ci ha consentito di lasciarci alle spalle i tempi in cui si perdeva regolarmente dalla Romania o si faticava contro la Tunisia.

Oggi il confronto è con le migliori.

 Per ora è il massimo che ci possiamo permettere, confrontarci a testa alta.

Per andare in campo con oggettive possibilità di vittoria contro le migliori, c’è da salire l’ultimo gradino della scala, il più difficile.

Certo, ci si può fermare sugli errori dei singoli, sull’arbitraggio di Owens che non ha premiato gli Azzurri contro la Scozia, sulle scelte di Mallett e sul suo affiatamento con lo staff, ma si rimarrebbe in superficie senza scendere all’essenza del problema.

 In un professionismo complesso come è quello del rugby di alto livello, ogni squadra deve avere una guida, un management all’altezza che non influenzi le scelte tecniche ma che metta il coach nelle migliori condizioni per non sbagliare.

Vi è la necessità di guidare processi  complessi che vanno dalla gestione dei giocatori, alla comunicazione, al rapporto tra giocatori e allenatore che non può essere lasciato completamente senza supporto.

Soprattutto nei momenti difficili.

Mallett resta un ottimo allenatore ma ai tempi di Berbizier il coach non era lasciato solo a decidere e i risultati, con gli stessi giocatori, sono stati diversi.


2 Responses to “La Fir non lasci Mallett da solo a decidere”

  • Alessandro Cossu Says:

    La chiusa del tuo pezzo mi pare il punto cruciale del problema: prescindendo dai problemi di inadeguatezza del Super 10 – che tu hai piú volte ben analizzato e ricordato – rimane la sensazione che Mallett si stia muovendo al buio e senza un’adeguata conoscenza delle possibilità offerte dal “parco giocatori”. La decisione di ripescare Griffen, p.es. mi ricorda una certa politica deleteria di selezione di Kirwan, che ha solo nuociuto alla squadra. L’omissione di Orquera è, credo, un ulteriore esempio di come Mallett si stia muovendo senza adeguata consulenza.
    Mantengo però l’opinione che scegliere McLean all’apertura spostando Marcato sia esclusivamente una scelta tecnica di Mallett, che ha ribadito anche dopo la partita con la Scozia la sua convinzione che la mediana debba essere formata da giocatori di “grossa taglia”. La trovo un’assurdità in sé e per sé, quantunque il rugby moderno si evolva – purtroppo – in questo senso e mi pare che non manchino controesempi, anche tra le squadre del Sei Nazioni, di come l’intelligenza tattica sia da preferire agli extra-large. Mi piacerebbe conoscere la tua opinione su questo punto preciso, Alessandro. Grazie dell’ottimo lavoro. Saluti da Monaco di Baviera (sarò a Roma per Italia-Francia).

  • Alessandro Says:

    Grazie per l’intervento!
    Sulla taglia dei giocatori la penso come te. In presenza di particolari doti (visione e intelligenza di gioco, abilità nel gioco alla mano o al piede) si può ancora sopperire a misure fisiche non eccezionali, anche se è innegabile che la svolta professionistica ha portato il rugbista tipo verso un modello vicino a Superman. Rubini può essere l’esempio calzante. Il giocatore è, a mio avviso, l’italiano con maggiore “senso del gioco” e deve giocare dal primo minuto. Giocatori così possono adattarsi a varie posizioni, ma a me piacerebbe vederlo estremo con Masi riportato tra i centri e Mirco Bergamasco ala. Una cosa è certa, siamo ad un punto di non ritorno, il dopo Sei Nazioni non passerà invano. Benvenuto al Flaminio e a presto!

Leave a Reply