Italrugby, una sconfitta che ha radici profonde. I 24 per l’Australia e il caso Toniolatti

Riccardo Bocchino, apertura dell'AlmavivA Capitolina I significati della sconfitta dell’Italrugby a Verona con l’Argentina vanno ben oltre quello che si è visto in campo, e purtroppo anche fuori, al Bentegodi. Lo dimostrano indirettamente anche le scelte per il gruppo di 24 giocatori convocati per il match di sabato prossimo a Firenze contro l’Australia. Di fronte ai Pumas la mediana Tebaldi-Gower ha fallito?

Bene, Tebaldi spedito (leggi bocciato) con la “A”, Gower a riposo per un sospetto (?) fastidio al ginocchio e spazio ai giovani impegnati in Magners Celtic League Edoardo Gori (mediano di mischia in forza al Benetton Treviso) e il n.10 Riccardo Bocchino (Aironi).

Peccato che i due migliori prospetti del rugby italiano nei ruoli più critici per l’Italrugby in otto partite nel campionato celtico siano stati utilizzati nemmeno un minuto.

Il pericolo è che, in un momento così critico, vengano spediti in campo – e bruciati – con la nazionale due tra i pochi talenti prodotti dal movimento senza alcuna programmazione.

Come è possibile che la Federazione Italiana Rugby – che paga il 60% degli ingaggi dei giocatori di interesse – non sia riuscita a gestirne la crescita insieme con le franchigie visto che si partecipa alla Celtic proprio per questo?

L’istituzione ad hoc della carica di Responsabile dell’Alto Livello affidata a Carlo Checchinato non ha finora raggiunto il suo scopo, che per ammissione dello stesso presidente Dondi, è anche quello di coordinare il lavoro degli staff tecnici di Treviso e Aironi con quello della nazionale.

Per completare il quadro di estrema confusione, basterà esaminare quanto accaduto a Toniolatti.

Il giocatore, utilizzato con profitto dagli Aironi all’ala, era stato convocato nel primo gruppo di trenta giocatori nel raduno pre-test match.

Escluso dai 24 per l’Argentina, aveva un posto certo nei convocati per la nazionale “A” che giocherà contro Tonga.

E invece niente, completamente dimenticato.

Ora, visto che i giocatori – soprattutto in certi ruoli – non crescono sugli alberi, qualcuno dovrebbe spiegare le ragioni di queste scelte avventurose, visto che su questi stessi giocatori la FIR investe fior di risorse economiche.

La sgradevole impressione che si proceda senza alcuna programmazione è forte, almeno quanto il fastidio suscitato negli appassionati, che a Verona lo hanno sottolineato con indifferenza e fischi, delusi per non aver trovato per il test con l’Argentina l’atmosfera che ha reso gli appuntamenti romani del Sei Nazioni una festa dello sport invidiata da tutti.

Per gli appuntamenti al Flaminio il Comune di Roma si è preso la responsabilità di sospendere il popolarissimo mercatino dell’usato, a Verona gli appassionati hanno trovato l’antistadio occupato dalle bancarelle di un mercato che ha inibito la consueta festa pre-partita.

All’interno del Bentegodi una serie di iniziative di animazione che lo stesso Dondi ha definito “di bassa qualità”, coronate dalla comparsa di una signorina che avrà molta più notorietà dal rugby di quanta ne potrà portare in cambio.

Non è quello che si aspettano le famiglie che corrono da anni a vedere una squadra che colleziona sconfitte in serie, ma che aveva donato agli italiani un modello sano di intrattenimento sportivo.

Al termine del Sei Nazioni 2007 l’Italia di Berbizier (mai troppo rimpianto) portò i giocatori in smoking a Piazza del Popolo davanti a 10.000 appassionati in festa.

Sarebbe bello ammettere qualche errore e ripartire da quel giorno.

Avanti

Robert BARBIERI (Benetton Treviso, 8 caps)

Mauro BERGAMASCO (Stade Francais, 84 caps)

Martin CASTROGIOVANNI (Leicester Tigers, 69 caps)

Lorenzo CITTADINI (Benetton Treviso, 3 caps)

Carlo Antonio DEL FAVA (Aironi Rugby, 46 caps)

Santiago DELLAPE’ (Racing Metro Paris, 58 caps)

Paul DERBYSHIRE (Benetton Treviso, 6 caps)

Quintin GELDENHUYS (Aironi Rugby, 14 caps)

Leonardo GHIRALDINI (Benetton Treviso, 32 caps)

Andrea LO CICERO (Racing Metro Paris, 79 caps)

Fabio ONGARO (Aironi Rugby, 72 caps)

Sergio PARISSE (Stade Francais, 70 caps) – capitano

Salvatore PERUGINI (Aironi Rugby, 74 caps)

Alessandro ZANNI (Benetton Treviso, 45 caps)


Trequarti

Tommaso BENVENUTI (Benetton Treviso, 1 cap)*

Mirco BERGAMASCO (Racing Metro Paris, 74 caps)

Riccardo BOCCHINO (Aironi Rugby, 4 caps)*

Gonzalo CANALE (Clermont-Auvergne, 59 caps)

Pablo CANAVOSIO (Aironi Rugby, 31 caps)

Edoardo GORI (Benetton Treviso, esordiente)*

Andrea MASI (Racing Metro Paris, 53 caps)

Luke MCLEAN (Benetton Treviso, 22 caps)

Luciano ORQUERA (Brive, 15 caps)

Alberto SGARBI (Benetton Treviso, 6 caps)

*è/è stato membro dell’Accademia FIR “Ivan Francescato”


12 Responses to “Italrugby, una sconfitta che ha radici profonde. I 24 per l’Australia e il caso Toniolatti”

  • Simone Says:

    La parola chiave che aleggia dietro tutta l’analisi è “coraggio”. Qualsiasi scelta remunerativa, e non solo in campo sportivo, comporta una certa dose di rischio, ma qui si cerca sempre di tappare i buchi contenendo i passivi, perchè gli sponsor e le cene di gala non possono permettersi di prendere 6 mete dal Galles per fare esperimenti. A mio avviso Benvenuti, Gori, Sepe, Nitoglia, Favaro, Bocchino, Toniolatti, Cittadini, Derbyshire costituiscono un nucleo molto buono su cui investire seriamente e non all’insegna dell’”..abbiamo trovato il fenomeno” per poi rimandarli indietro al primo limite evidenziato. Ma questi sono discorsi vecchi, che sempre piùà spesso trovano posto anche su questo blog.

  • Dario Says:

    La delusione, anche tra i tifosi, è tangibile.
    Ho comprato il biglietto per il test match di Firenze a Settembre. Non dico che ora rimpiango di avere i biglietti in mano, ma poco ci manca.
    Nonostante questo partirò comunque da Torino per vedere il test match contro l’Australia e tifare Azzurri.
    Certo, non sono contento per come la FIR (non) sta gestendo questa nazionale e i pochi talenti che si affacciano al rugby internazionale.
    In una qualsiasi grande azienda se detieni il 50,1% delle azioni sei tu a comandare. In questo caso la FIR paga il 60% di molti giocatori. Probabilmente questo non copre il 50,1% delle spese totali di una franchigia, ma un minimo di responsabilità del mezzo disastro visto sabato pomeriggio (in 3D, addirittura) è anche loro.
    Toniolatti è già stato messo da parte, ora toccherà probabilmente a Tebaldi. E i prossimi chi saranno? Spero che Bocchino e Gori non partano titolari contro l’Australia altrimenti sono cavoli amari per loro. Avranno mille occhi puntati addosso, zero possibilità di sbagliare. Un ottimo metodo per bruciare i giovani.

  • Bruno Says:

    E’ un quadro davvero desolante, reso ancora più amaro dal grottesco equivoco (per non dire peggio) creato dalla partecipazione in Celtic League che doveva rappresentare la panacea di tutti i mali del rugby italiano.
    I risultati potrebbero anche arrivare con il tempo se ci fosse dietro una stategia logica e funzionante. Nella realtà invece non si vede un progetto organico ed ogni componente del movimento rugbistico italiano (base, professionismo, nazionale) continua ad essere slegato dal resto, seguendo metodi ed obbiettivi a volte persino divergenti fra loro. Abbiamo messo la celtic league in competizione col nostro campionato, e sia la nazionale che le franchigie preferiscono affidarsi ad elefanti morenti piuttosto che scommettere su giocatori che, pur non fenomeni, rappresentano pur sempre il nostro futuro (anzi, anche il nostro presente direi). Per non parlare dei clubs e dei vivai che sono lasciati a se stessi, col miraggio poi che le accademie (care ci costano…) trasformino in oro quel che la base produce, neanche fossero le scuole di magia di Harry Potter.
    Dire che molti se lo aspettavano è ovvio, i segnali c’erano tutti, i personaggi che gestiscono la baracca sono sempre gli stessi, e gli interessi che si celano dietro… pure.
    L’Argentina che ci ha punito col minimo sforzo si presentava con una squadra in gran parte sperimentale, e dai fasti dell’ultimo mondiale non si sono certo seduti sugli allori.
    Concordo con Simone sul fatto che i nostri “giovani” (che poi tanto giovani non lo sono neanche più) debbano essere il nucleo tanto della nazionale che delle franchigie. I Gower ed i Mercier (aldilà del valore dei giocatori) rispecchiano e rappresentano tutta la miopia del nostro movimento.

  • Sandro Says:

    Io non la vedo così male. E’ vero, l’Italia poteva fare di meglio, ma è da considerare che rispetto agli anni scorsi, si è vista una nazionale più convinta e che ha osato di più. Di fronte a questo nuovo atteggiamento, si deve edificare una squadra un po’ più reattiva e veloce. Le basi ci sono.
    Comunque io andrò a tifare anche a Firenze i nostri. I biglietti li ho presi (per chi volesse) su listicket.it

    ciao

  • Maurizio Says:

    Indimenticabile come fu escluso Toniolatti dalla posizione di Mediano di mischia. Secondo me, oggi, sarebbe l’unico atleta insieme a Canavosio, a poter ricoprire la posizione con una prospettiva di crescita. L’Atleta e’ stato bruciato dopo solo un paio di partite e si e’ riconvertito all’ala viste le ottime doti atletiche. Che Tebaldi non avesse un passaggio da “Elite” e che spesso prenda iniziative molto “personali” che non tengono conto del contesto di gioco, si sapeva da quando il giovane aveva 17 anni, ma Guidi lo ha sponsorizzato molto fino a farlo pervenire alla Nazionale Maggiore. I difetti che presenta non sono migliorabili. Si poteva invece lavorare su Toniolatti che ha doti atletiche e di placcaggio nettamente superiori e che avrebbe potuto migliorare con il gioco. Ma e’ chiaro che esistono due pesi e due misure. Escludendo a priori un atleta dal campo non e’ possibile fare confronti e comparazioni, l’atleta non te lo fanno vedere !

  • Simone Says:

    Sandro,sempre forza azzurri questo è scontato e Alessandro lo sa, su questo blog no gufi o disfattisti. Però io preferirei prendere 35-40 punti sapendo che tra un paio d’anni li batteremo piuttosto che tappare le falle, perchè questo percepisco. Canavosio è discreto ma buttiamo dentro i nostri, saranno poi così peggio?

  • Bruno Says:

    E’ la solita vecchia questione, bisognerebbe investire su quello che il nostro movimento produce, quale che sia il livello. Ma il buon Dondi non può permettersi di rischiare figuracce e allora si preferisce raschiare il barile e allestire una nazionale alla meno peggio, fatta di quel che rimane della squadra che fù e di quel che si può raccatando in giro in base alle lontane origini italiane di qualche giocatore decente. Purtroppo se non si semina… non si raccoglie. La resa dei conti rischia di arrivare tutta insieme. I vari Bergamasco, Bortolami, Lo Cicero, Perugini, etc, cioè i pochi giocatori di livello internazionale che il nostro rugby ha sfornato un decennio fà, sono ormai in fase di declino (l’età passa per tutti) e non possiamo più sperare nella manna dal cielo di ritrovarci in casa già pronti i vari Parisse, Castro, Dellapè & co. Diciamoci chiaramente che di giocatori di quel tipo il nostro rugby non ne ha prodotti più (forse Zanni è l’unico di un certo livello). Se non si investe in tecnici e formazione di base, se non si rende il nostro movimento appetibile in termini di visibilità per nuovi capitali, se non ci si apre a nuove idee e forze manageriali capaci, il nostro rugby è destinato a regredire. Altro che celtic league che serve solo a riempire la bocca (e le tasche) dei soliti noti…
    E’ purtroppo un processo negativo che è già in corso visto il decennio (e la marea di soldi) che questa federazione ha buttato al vento. Paesi come Giappone e Russia stanno ad esempio lavorando sodo ed investendo tanto, a cominciare dalle scuole. Ce li ritroveremo presto davanti se non invertiamo la tendenza.
    Ma serve azzerare tutto e ripartire. Da subito.

  • Maurizio Says:

    Oggi come oggi, non vorrei proprio fare un test match contro il Giappone o contro la Russia !

  • Simone Says:

    No, giappone e Russia non sono al livello nostro, non esageriamo.

  • Bruno Says:

    Un altro decennio con Dondi e il Giappone sarà ben avanti a noi. Ma probabilmente non servirà neanche aspettare un decennio.
    Credo che l’intera struttura del rugby in Italia vada ripensata dalle fondamenta. Ma serve gente nuova, anche (e forse soprattutto) proveniente da altre realtà manageriali. Le competenze sportive ci sono (ancora).

  • M-URC Says:

    Sotto certi aspetti il flop di Verona, parlo non del risultato ma del numero di pubblico accorso a vedere l’incontro, deve essere oggetto di analisi. Geograficamente parlando, si è giocato nel regno del rugby italiano; la volata che è stata tirata per questo evento (probabilmente avevano già percepito con la prevendita che l’evento andava pompato) è stata di quelle ultra importanti (non come la finale scudetto giocata a Roma nel 2009 -in quel caso si trattava di un flop guidato???); l’avversario di quelli importanti, storicamente il più sentito a livello internazionale, che poteva essere alla nostra portata; la prima uscita della nazionale dopo la Cheltic (Celtic) League. Insomma gli ingredienti giusti c’erano tutti. Eppure qualcosa non è andato. A oggi sarebbe troppo facile mettere in discussione l’organizzazione, cercando di distogliere l’attenzione sul vero problema. Quale? Lo stadio mezzo vuoto ed il flop televisivo. Il motivo? Le due “franchigie” che si trovano a cento km da Verona. A oggi sembra che il rugby italiano sia una cosa che si racchiude in un fazzoletto di terra di 200 km.
    E questi sono i risultati. Ne più ne meno. Aver tenuto fuori 4/5 del territorio italiano dal rugby che conta porta a questi flop. Era inevitabile. Senza considerare che con questa situazione, ed è la prima stagione, qualche problema lo avremo a cominciare dal rugby di base: minor interesse e minor tesserati. L’imperativo ad oggi è cambiare rotta. Spostarsi in luoghi ancora vergini del territorio (con il rugby di base) ed avere il fegato (non credo che ce ne voglia poi così tanto) di fare un’equivalenza diversa da “rugby italiano=nord-est”.

  • Bruno Says:

    In termini “agricoli” direi che questa federazione nel decennio del sei-nazioni (quello che doveva permetterci il salto di qualità) ha lasciato desertificare i terreni fuori dal proprio orticello e senza semina non può ovviamente esserci raccolto. Si sono mangiati i granai riempiti a suo tempo da chi li ha preceduti e, non contenti di ciò, si stanno adesso mangiando quanto rimane nel loro orticello. Molti “illustri” personaggi del rugby italiano si sono arricchiti in questo decennio, non curanti (o incapaci di farlo) di gestire il futuro di questo sport. Credo che aldilà del misero spettacolo offerto da una nazionale ormai al limite delle sue possibilità, quello che davvero rattrista è il livello del nostro rugby di base, dei nostri tecnici, dei nostri arbitri, del nostro campionato, della scarsa visibilità che il rugby ha sui media, dello scarso interesse che il rugby genera tra sponsors e imprenditori, della mancanza di una cultura rugbistica che pure vent’anni fà era ben più consolidata e che adesso sta perdendo per strada anche le piazze storiche. Come dissi tempo addietro, questa è una dirigenza che si è preoccupata soltanto di costruirsi l’attico su una casa che necessitava di lavori strutturali ben diversi. Le fondamenta nel frattempo stanno andando, l’attico crollerà insieme al resto. Mi chiedo se mai questi loschi figuri risponderanno della loro inettitudine alle migliaia e migliaia di appassionati di oggi e di ieri che tra fango e sudore hanno fatto quasi un secolo di storia del rugby italiano.

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