Magners Celtic League, il peggio deve ancora arrivare

Hamilton marca la meta del bonus Lo scorso 8 marzo la notizia è divenuta ufficiale : dalla prossima stagione Benetton Treviso e Aironi del Po (Viadana) giocheranno nella Magners Celtic League. Doveroso rivolgere sinceri auguri alle due realtà, ma adesso viene il difficile. Non bisogna dimenticare che l’obiettivo dell’intera operazione è alzare il livello del rugby italiano facendo giocare i migliori in un campionato competitivo.

Per realizzare tale progetto, sarebbe necessario che la FIR prendesse in mano la gestione diretta dei giocatori per distribuirli in maniera efficace, ma la partenza non è promettente.

Bortolami è stato ingaggiato dagli Aironi che, nel ruolo di seconda linea, hanno già Del Fava e Geldenhuys.

“Non è la soluzione migliore per la nazionale” ha sibilato Mallett lasciando intuire il suo disappunto e la situazione non può che peggiorare, a partire dal numero degli stranieri da impiegare.

Un’altra questione, non di poco conto, sta passando stranamente in secondo piano, ed è quella che si riferisce ai diritti televisivi della Celtic League per l’Italia.

Detto che non vi è, allo stato, alcun accordo firmato e che Sky ha dichiarato che trasmettere la Celtic, operazione dai costi elevati e dai ricavi dubbi,  non è una priorità vogliamo offrire uno spunto di riflessione.

Considerate che la partita Italia – Scozia del Sei Nazioni, con tutto quello che ciò comporta in termini di investimenti pubblicitari, seguito e tradizione, ha registrato su Sky circa 169.000 spettatori.

Quanti pensate potrebbero attirarne le partite della Celtic League di due squadre che operano in un bacino di 100.000 abitanti (in due…) e che, presumibilmente, dovranno gestire una stagione di approccio complicata dal punto di vista tecnico e organizzativo?

Nel frattempo un altro nodo decisivo rischia di strangolare il movimento. La FIR ha annunciato la riforma del campionato nazionale che passerà a 12 squadre divise in due gironi da sei. Ora Treviso e Viadana, che ne avrebbero sulla carta diritto, vogliono mantenere due squadre B nel campionato che ne risulterebbe danneggiato. I migliori italiani che non entreranno in Celtic League vorranno giocare nelle succursali di Benetton e Aironi, dando vita ad un torneo squilibrato e senza interesse. La Federazione ha il dovere di impedirlo ma il braccio di ferro è appena cominciato e c’è il rischio che a perdere sarà l’intero movimento.


11 Responses to “Magners Celtic League, il peggio deve ancora arrivare”

  • Bruno Says:

    Analisi perfetta e dubbi legittimi sul futuro del rugby italiano. D’altro canto la struttura a “strati” che in nuova zelanda, sud africa o irlanda, vede tutto il territorio coinvolto a vari livelli nello stesso progetto piramidale (dai clubs locali, per salire nelle franchigie e arrivare alla nazionale) non è applicabile in italia dove in realtà questi soggetti sono slegati tra loro e si trovano persino in competizione per visibilità, visto che fuori dall’asse treviso-viadana il resto del movimento si trova adesso come una gallina errante a cui è stata tagliata la testa. Era tralaltro facilmente immaginabile che si sarebbe arrivati ad una situazione del genere ma non mi sembra che la FIR in questi anni abbia brillato per lungimiranza e pianificazione. Si è cercato di copiare gli altri soltanto nei modi esteriori ma non ci si è dati la struttura per farlo.
    Fa rabbia pensare che in dieci anni di 6N, con un potenziale enorme in termini di visibilità e introiti, non solo non si è riusciti a sviluppare e strutturare il rugby italiano, ma probabilmente se ne sono addirittura minate le basi per il futuro.

  • Alessandro Says:

    D’accordo su tutto, purtroppo ….

  • M-URC Says:

    Se l’intento di entrare in CL è quello di far crescere i giocatori di interesse nazionale, mi potete spiegare, per gentilezza, che tipo di utilità ha acquisire, nelle file degli Aironi un giocatore come Bortolami che gioca nel campionato inglese? Forse anche nel campionato inglese hanno gli stessi problemi che abbiamo nel Super10?

  • Bruno Says:

    Temo, come M-URC ha sottolineato, che di queste situazioni ne vedremo altre. Pur col massimo rispetto e simpatia per Bortolami o per chi seguirà (penso ai Nieto, ai Dellape, ed altri a fine carriera) di atleti che torneranno a “svernare” in italia ce ne saranno altri. E comunque era meglio tenere questi giocatori stipendiati dai clubs francesi e inglesi, che dalla fir. Temo pure poi che le politiche di treviso e viadana non saranno troppo dissimili da quelle viste in questi anni. Non rischieranno i giovani ma si affideranno ai soliti noti (e aspettiamoci una richiesta di deroga per il numero di stranieri…)

  • Alessio Says:

    Ricordo quanto si è detto in questi mesi di attesa, prima dell’ufficializzazione della partecipazione delle due squadre italiane alla CL: erano previsioni che, alla luce dei fatti che stanno emergendo oggi, sono azzeccatissime, e se avessimo potuto scommettere su quanto sarebbe accaduto, ora saremmo ricchissimi! Come già detto, e come anche Bruno ha evidenziato sinteticamente, ribadisco la mia totale sfiducia verso una Federazione che non è riuscita a gestire nemmeno i propri interessi, e che ora si trova intrappolata tra i nodi che son venuti al pettine. Nuovamente propongo una bella pulizia, in ordine gerarchico e partendo dall’alto…

  • Bruno Says:

    Fare pulizia nella FIR è impresa difficile, se non impossibile. Tralaltro sarebbe necessario non soltanto un cambio dirigenziale, ma un cambio di strategia. Mettere al posto di Dondi uno come lui o uno dei suoi sottopanza non servirebbe a nulla infatti. Il problema è che la FIR è un’entità che si autosostiene, ed i troppi anni in cui Dondi è stato presidente sono serviti a creare uno scudo di protetti e vassalli intorno al lui che ne rendono l’allontanamento impossibile. Non dimentichiamoci della percentuale a suo favore alle ultime elezioni federali, roba alla ceausescu. E proprio come Ceausescu, Dondi non si rende neanche più conto dello stato in cui si trova il rugby italiano, circondato com’è da incapaci o da beneficiati o da intrallazzatori, per non parlare di quanti, non dentro ma intorno alla federazione, hanno interesse a mantenere questo stato di cose (a viadana, a treviso, ma anche altrove, per finire ai procuratori e a chi, in federazione, ha rapporti con loro).
    Non è neanche servita la mancanza di risultati, visto che il successo con la scozia, giusto quanto fatto un decennio orsono, è fatto passare come segno di una crescita che in realtà non c’è mai stata. Se analizzassimo i risultati di tutte le nazionali e di tutti i clubs, dai seniors alle giovanili, in questi dieci anni, ci sarebbe da mettersi a piangere (per non parlare dello stato di salute della diffusione territoriale e finanziario). Eppure ancora passa il messaggio secondo il quale il rugby in italia sta crescendo. E se la FIR si autoreferenzia, ci sarebbe soltanto il CONI nella posizione di prendere provvedimenti. Ma non ce lo vedo il CONI a mettere le mani nella FIR al momento.

  • Bruno Says:

    Aggiungo a quanto sopra (è in parte correlato a quanto detto e mi sembra di capire che su questo blog siamo più o meno tutti orbitanti attorno al rugby romano) che il mio timore va adesso alle sorti del rugby nella capitale. Leggevo su “rugbyaroma” di presunte difficoltà finanziarie della rugby roma e mi chiedo quale sia al momento lo stato delle cose nelle società romane alla luce di quanto sta accadendo (riforma del campionato in primis). Rimango ancora dell’idea che a Roma si debbano concentrare le forze per la prima squadra (progetto praetorians anche per il campionato) pur mantenendo separati ma ben in vita i settori giovanili in una sorta di network regionale tra tutte le società del lazio.
    Aspettando tempi migliori (vediamo “se” e “come” evolverà la presenza italiana in celtic league) sarà comunque bene mantenere alto il nome del rugby romano, e per farlo sarà forse utile evitare l’errore di avere due squadre nel futuro super12.
    Alessandro, hai novità al riguardo ?

  • Alessandro Says:

    Caro Bruno, ti rispondo con piacere e con informazioni…. di prima mano.
    Non prima, però, di aver premesso che non tutti gli operatori che fanno riferimento al rugby romano, nell’informazione e in altri settori, tutelano l’interesse generale. A quanto risulta, le difficoltà economiche di cui si fa riferimento nei rumors citati non sono poi così drammatiche. Vero, ai giocatori è stato proposto di spalmare su sette appuntamenti quello che dovevano avere in cinque. non è stata, dunque, proposta nessuna decurtazione rispetto a quanto pattuito, ma solo una dilazione, a differenza di quanto accade, ad esempio, al Rugby Parma dove il ds Manghi si è addirittura dimesso quando la società ha fatto capire di non potere onorare gli impegni. Molti articoli sono apparsi sulle difficoltà economiche del Rovigo, e le notizie non sono buone nemmeno da L’Aquila e da Venezia, eppure c’è chi parla delle presunte difficoltà della Rugby Roma senza menzionare le altre, strano.
    Per quel che riguarda il dialogo tra le società romane maggiori continua, ma la situazione di assoluta confusione sul futuro campionato non aiuta. per esempio, ad oggi – 16 marzo – ancora non si sa se al campionato parteciperanno le squadre B di Treviso e Viadana, cosa che cambierebbe molto la sostanza delle cose. La proposta di ripartire con una realtà nuova è ancora in piedi ma si scontra con le aspirazioni, del tutto legittime, di chi, come la Lazio di Biagini, intravede la possibilità di realizzare il sogno di arrivare alla massima serie autonomamente. Il mio parere personale è che lo sviluppo vuole l’aggregazione. Roma avrebbe numeri per fare concorrenza ad una Celtic che parte male e che avrà, sono pronto a scommettere, molti problemi. Roma dovrebbe farsi trovare pronta, ma ci vuole la condivisione di tutti i soggetti interessati.
    Le prossime settimane saranno decisive, il rischio e che si perda troppo tempo perdendo di vista che, alla fine, l’unione fa la forza.
    grazie a tutti e a presto!

  • Bruno Says:

    Grazie Alessandro per la pronta ed esaustiva risposta. Concordo al 100% sulla necessità di unire le forze a roma e sul fatto che ci sia sempre qualcuno pronto a dare informazioni parziali e/o fuorvianti. Per quanto mi riguarda preferisco dare il mio (modestissimo) contributo alla discussione soltanto su questo forum, che si contraddistingue per serietà e onestà intellettuale. Spero dunque che altri “orbitanti” intorno al rugby romano come il sottoscritto usino questo sito come riferimento per il rugby di casa nostra. In attesa di novità positive, che tutti ci auspichiamo, ti ringrazio e ti saluto.
    Bruno

  • Francesco Says:

    Personalmente, nel ringraziare tutti quelli che hanno scritto qui, ho un solo timore per il rugby romano : Abbondanza ha la pazienza di aspettare sul greto del fiume (Po o altro) il cadavere del nemico ? La questione mi sembra centrale.
    Per il resto, l’idea della squadra B nega, almeno per Treviso, la stessa legittimita’ a partecipare alla ML ; o vai da una parte o vai dall’altra.
    Un campionato a 12 squadre poi, spingerebbe ancora di piu’ verso il basso il residuo movimento, con il rischio di avere una o due squadre piu’ che buone (a partire da Padova) e tanti materassucci che, tra l’altro, potrebbero non arrivare a fine stagione, come insegna il caso Piacenza

  • Bruno Says:

    Francesco, dici bene. Il problema nasce proprio dal fatto che la riforma dei campionati e la partecipazione in celtic league non sono stati pensati in maniera organica. Qui in realtà ci si è soltanto preoccupati di mettere le mani sul professionismo (e relativi introiti) con un comitato d’affari ristretto che gestirà adesso nazionale, celtic league ed heineken cup. Quello che vediamo adesso è soltanto un modo maldestro di raffazzonare il resto del movimento alla meno peggio, con una serie di problemi e conseguenze che ovviamente non sono state prese in considerazione per tempo. Quindi tutto può succedere. Come ho detto in precedenza, in questo momento il rugby italiano (fuori dall’asse di cui sopra) è come una gallina che continua a camminare con la testa mozza. Dove andrà e quanto camperà, nessuno può dirlo.
    Spero ovviamente che, in attesa di tempi migliori, le forze imprenditoriali e sportive della capitale facciano fronte comune per salvare e far crescere il rugby romano. Da parte degli appassionati serve alzare una voce e sostenere quanti contribuiranno a farlo.

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