La Nuova Zelanda lancia la sua sfida all’Europa, 41-20 a Twickenham

Novembre è il mese delle battaglie tra le potenze del rugby europeo e quelle australi che vengono a far visita al vecchio continente, a Londra c’è Twickenham, un tempio per la palla ovale, la Nuova Zelanda lo espugna battendo l’Inghilterra 41-20.


Il recente re-styling ha portato la capienza ad 82000 posti, quando entrano in campo gli All Blacks sono tutti esauriti.

La cerimonia degli inni è splendida, i tutti neri celebrano la loro Haka con la classica Ka-Mate, un segno di rispetto per gli avversari, si può cominciare.

Già al 4’ Carter capitalizza il lavoro del pack con un piazzato, 1’ più tardi l’Inghilterra risponde con un’azione che sembra un grido di battaglia: doppia carica al largo di Martin Corry che fa da ariete, Perry è velocissimo a far uscire il pallone dai punti di incontro e rovescia il fronte con l’ovale che viaggia da Hodgson ad Allen che lancia Noon.

Il centro plana in meta con un doppio movimento sul tentativo disperato di Nonu di tenere l’ovale alto.

L’arbitro Jutge si rivolge al TMO (l’arbitro addetto alla moviola) che, contro il parere dei più, non convalida, strozzando in gola il canto di vittoria della folla di Twickenham.

Nessuno osa protestare.

Qualche minuto dopo un altro piazzato di Carter fissa il 6-0 per i tutti neri.

Gli uomini di Henry sanno che questa è una partita niente fronzoli e tutta sostanza e interpretano lo spartito con la consueta abilità di lettura.

Controllo del pallone attraverso molte fasi con gli avanti, il tentativo di logorare la difesa dei bianchi della regina sbatte contro la volontà degli anglosassoni, ma dai e dai il fortino cede.

Al 23’ è Gear ha bucare la linea e a piazzare un breack di 30 metri.

Nei 22 avversari l’ala trova il sostegno del pilone Woodcock che fissa il punto sotto i pali, per i suoi compagni è un gioco allargare per Mauger che tocca in bandierina, trasformazione e 13-0 per gli ospiti.

Il XVdella rosa ci mette un poco a riprendersi, ma al 30’ sono proprio i giovani di Robinson a suonare la carica.

La bella iniziativa al centro del campo del ventenne Allen trova Balshaw troppo in anticipo, sulla palla vagante si addormenta Carter – proprio così, un errore del fenomeno! – che non scivola sul centro avversario, vi si avventa Noon che piazza lo scatto decisivo fino alla terra promessa, 5-13 sulla trasformazione sbagliata da Hodgson.

Gli All Blacks non si scompongono e lo stesso Carter piazza un altro piazzato difficile al 38’ che marca il 5-16 per gli ospiti.

Solo 30’’ e Rockococko si pappa famelico l’ovale intercettando un ingenuo long-pass dell’esordiente Allen che sconta la sua inesperienza.

Volata solitaria per il tocco in mezzo ai pali trasformato da Carter per il 5-23, gli inglesi non ne possono più e sono già negli spogliatoi, non così gli All Blacks che a tempo scaduto rubano un pallone a metà campo innescando un contrattacco che lancia Nonu sulla destra.

Il suo scatto produce la crepa e la marea nera rompe gli argini: off-load per Jack, altro off-load per Hayman che marca la sua prima neta in test internazionali sul palcoscenico più prestigioso, Carter non trasforma e l’halftime marca 5-28.

La ripresa si apre con la voglia degli uomini di Robinson di difendere l’onore del proprio campo, il risultato è la meta di Cohen al 45′. Trasformazione di Hodgson e 12-28, ma nessuno si illude.

Ci pensa Carter al 58′ ha tenere a distanza i bianchi marcando una meta in capo ad una iniziativa che lo porta a girare intorno ad Allen e a volare in meta, trasformandola un attimo più tardi, 12-35.

Al 59′ Perry bagna il suo esordio con una meta di rapina dopo aver intercettato un calcio di Mauger, un calcio piazzato di Hodgson e altri due di Carter, che finisce con un 8/10 dalla piazzola, fissano il 41-20 finale.

Man of the match: ancora una volta monumentale la partita di Carter sul palcoscenico più prestigioso. Dalla piazzola 8/10, una meta, 26 punti personali ed un solo errore difensivo. Meno male, è umano!


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