La Nuova Zelanda resiste all’assalto dei canguri, Henry ha il Tri-Nations in tasca

Rugby siderale. Quella che era stata annunciata come la partita dell’anno ha mantenuto le attese degli appassionati regalando 80′ al massimo livello.


Con il punteggio finale di 9-13 la Nuova Zelanda porta via dall’isola australiana una forte ipoteca sulla vittoria finale nel Tri-Nations, respingendo i tentativi di un’Australia estremamente competitiva e migliorata in maniera evidente dal lavoro di Connoly e del suo staff.

Le immagini del pre-partita testimoniavano della enorme tensione che aleggiava negli spogliatoi, tra quelle mura echeggiavano le parole dei capitani Gregan e Mc Caw che arringavano i propri compagni prima della battaglia decisiva stretti in un abbraccio che legava i destini di quei guerrieri.

Nel catino del Suncorp Stadium di Brisbane gli inni nazionali creavano la giusta emozione nell’attesa dell’Haka degli All Blacks dopo le polemiche della vigilia:la tradizionale Ka Mate o la più aggresiva Kapa O Pango? I tutti neri sceglievano Ka Mate, gesto da interpretare soprattutto come segno di rispetto per la squadra avversaria, il pubblico mostrava di apprezzare la scelta.

Il match partiva con i Wallabies bravi a mantenere l’iniziativa e un possesso dell’ovale di grande qualità, grazie al dinamismo delle terze linee e alla reattività di Gregan. Il frutto al 9′ era il calcio piazzato che Mortlock trasformava in tre punti sparando l’ovale tra i pali, 3-0.

La risposta degli All Blacks era splendida e si faceva attendere solo 60”. Carter muoveva il pallone verso la linea laterale sinistra, Collins fissava la difesa e scaricava un passaggio non perfetto verso Rockococko che raccoglieva in punta di dita quasi dietro al corpo. Immediata e strabiliante l’accelerazione dell’ala di origini figiane che sfruttava l’errore di Elsom che stringeva troppo su Collins dimenticandosi di slittare sull’ultimo uomo, lasciando a Rockococko lo spazio per volare verso la terra promessa. Il disperato tentativo dell’estremo Latham veniva irriso da un magico cambio di direzione che spalancava al n.11 la strada per la meta che interrompeva un digiuno di quasi un anno per lui. La trasformazione di Carter fissava il 3-7.

L’Australia cercava di rimettere ordine ma era impossibile non accusare il colpo, le successive fasi di gioco producevano un calcio piazzato per parte ma, mentre Carter piazzava il suo al 18′, Mortlock falliva il suo al 20′ per il 3-10.

Al 31′ Tuqiri, pessima la sua prova, si segnalava per una enorme sciocchezza su Mealamu che vanificava una buona base di gioco per i Wallabies, mentre al 36′ Mortlock ritrovava la sua precisione dalla piazzola realizzando il 6-10 che fissava l’halftime score.

La ripresa si apriva con una buona Australia in grado di riordinare le idee e mantenere l’iniziativa, basata su una buona gestualità nei passaggi, spesso rallentati per favorire efficaci cambi d’angolo delle linee di corsa dei portatori di palla, mentre emrgevano sempre più chiare le difficoltà della Nuova Zelanda nelle situazioni di rimessa laterale, forse l’unico punto debole della squadra di Henry.

Gli All Blacks mantenevano comunque il controllo del match primeggiando soprattutto nella ferocia intorno ai punti d’incontro realizzando diversi turn-over con delle contro-ruck devastanti che spezzavano le trame degli australiani. In queste fasi emergeva soprattutto il capitano nero Richie Mc Caw, splendido nell’interpretare le situazioni di gioco e nel guidare i suoi in difesa.

Al 53′ un esempio perfetto di queste fasi di gioco: in capo ad una prolungata azione Wallabies Mortlock eseguiva una bellissima finta che congelava Mauger e gli consentiva di andare oltre la linea del vantaggio lanciando Gerrard verso la meta, ma la contro-ruck dopo il placcaggio sull’ala australiana si esauriva lasciando l’ovale nelle mani di Mc Caw, quasi soprannaturale la sua abilità di essere ovunque.

Al 59′ un contrattacco degli All Blacks si concludeva con un drop di Carter che portava il punteggio sul 6-13.
A questo punto Gregan richiamava i suoi ad un forcing finale che produceva solo il calcio piazzato di Mortlock al 62′ per il 9-13 finale. La grande pressione degli australiani metteva alla frusta gli uomini di Henry che si difendevano con una ferocia straordinaria, unitamente alla incredibile capacità di interpretare alla perfezione i vari momenti del match, facendo sempre la cosa giusta.

La partita si chiudeva con i protagonisti distrutti dalla fatica ma con ciascuna delle due squadre che aveva il suo motivo per essere fiera. Gli australiani per aver messo sotto i migliori dimostrando di non esere tropo lontani, i neozelandesi per aver mantenuto il trono del mondo.

Man of the match : il titolo non può essere che di Richie Mc Caw, incredibile per continuità, perfetto nell’interpretazione del match e nell’esempio, disumano per continuità e intensità, ubiquo nella presenza difensiva, feroce nella battaglia sui breack-down e nel lavoro sporco. Il migliore del mondo.


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