Barry “King” John: la Leggenda

Barry JohnE’ stato forse il più grande mediano d’apertura di sempre; nonostante abbia giocato pochi anni ad alti livelli, ha lasciato nel rugby un segno indelebile.

di Eamus Costello


Era la fine di maggio del 1972, la rivista Rugby World stava per uscire in edicola con un servizio speciale, con tanto di copertina, su quella che era allora (ma probabilmente lo sarebbe ancora) la migliore coppia di mediani del mondo: Gareth Edwards e Barry John, detto King John.

Entrambi gallesi, stavano dando il meglio di loro stessi con il loro club, il Cardiff, con la nazionale gallese e con i Lions, con i quali entrambi avevano vissuto il trionfo del tour del ’71 in Nuova Zelanda.

Ma quel grande servizio fu un clamoroso fiasco, perché, proprio pochi giorni prima dell’uscita, Barry John, sorprendentemente e senza nessun tipo di preavviso, comunicò al mondo ovale che si ritirava dal rugby.

Aveva 27 anni e avrebbe lasciato un segno indelebile nel rugby mondiale, con la sua personalità, la sua imprevedibilità, la sua tecnica sopraffina, la sua capacità di interpretare qualsiasi partita.

Un problema di soldi

I motivi del ritiro furono squisitamente economici: in un periodo in cui giocare a rugby voleva dire rimetterci soldi di tasca propria, King John, che di soldi aveva bisogno per lui e per la sua famiglia, decise che era giunto il momento di mettere a frutto economicamente la sua popolarità.

Così si mise a fare il testimonial pubblicitario, il commentatore televisivo, l’editorialista per qualche giornale.

Fu una scelta sofferta che portò molte critiche ma che fu onesta e in linea con lo spirito del rugby, tanto è vero che, prima di abbandonare, aveva avuto sostanziose offerte dal professionistico rugby a 13.

Offerte che non raccolse proprio perché giocare a rugby per denaro, allora, era quanto di peggio un mito come lui avrebbe potuto fare.

Barry John nacque il 6 gennaio del 1945 a Cefneithin, non lontano da Llanelli, inl Galles.

La sua prima passione fu il calcio e, da quello che racconta lui stesso, l’aver calciato sin da bambino la palla rotonda gli diede quel modo di calciare con il collo pieno, che si sarebbe poi dimostrato micidiale.

“Il mio modo di calciare – racconta – è sempre stato qualcosa di innato, di istintivo, che mi sono portato dietro sin da bambino.”

Una tecnica che non ha mai neanche tentato di cambiare o perfezionare tanto che in allenamento difficilmente si soffermava più di tanto a calciare in porta.

Comunque, dopo la necessaria formazione rugbistica a scuola, il Llanelli lo accolse nelle sue file, dove rimase tre anni.

L’incontro con Edwards

Fu il ’65 l’anno del primo contatto con la nazionale, quando fu invitato a un “trial”.

In quell’occasione conobbe Gareth Edwards, giovane mediano di mischia, anche lui agli esordi con il quale avrebbe formato la più straordinaria coppia di mediani di tutti i tempi.

E quando i due si ritrovarono nel Cardiff, tra loro si formò una tale armonia tecnica, una così perfetta intesa nei movimenti da rendere praticamente inscindibile la coppia, sia con il club che con il Galles che con i Lions.

Barry John con i lunghi e veloci passaggi di Edwards aveva modo di ragionare e di “difendersi” dagli avversari.

Edwards sapeva che in ogni momento, qualsiasi scelta di gioco avesse fatto, il compagno era dietro di lui ad aspettare il passaggio.

Barry debuttò in Nazionale il 5 dicembre del ’66 contro l’Australia: “quel giorno – disse – ebbi l’impressione di diventare un vero gallese”.

Finalmente i due giocarono insieme in Nazionale l’11 novembre del ’67 contro gli All Blacks di Brian Lochore che disputarono 15 partite vincendone 14 e pareggiandone una.

Il Galles fu battuto (6-13).

La prestazione di John non fu trascendentale, tanto che nelle critiche del post partita risultò che la debolezza del Galles fu proprio nella mancanza di un buon calciatore.

Comunque sia, Barry fu ancora convocato e nel’ 68 fu ricostituita la coppia con Gareth Edwards, che da allora giocò 23 incontri internazionali senza tener conto dei Lions e dei Barbarians.

Nel’68 fu convocato con i Lions in Sudafrica ma la frattura della clavicola lo rispedì presto a casa.

Gli anni d’oro

Maturavano, intanto, gli anni d’oro del rugby gallese e maturava anche la classe di Barry, ormai inamovibile in coppia con Edwards: nel’69 ci fu la Triple Crown, nel ’70 il primo posto nel Cinque Nazioni insieme alla Francia.

nel 71 il grande Slam.

E venne la tournée dei Lions in Nuova Zelanda.

Nell’Emisfero Sud Barry John trovò la definitiva consacrazione e un posto nell’Olimpo dei grandi.

La sua calma, la tranquillità in campo, le geniali intuizioni tattiche, l’abilità nell’evitare gli avversari e la sua straordinaria precisione nei calci, dapprima sbalordirono, poi affascinarono tutti avversari, compagni, spettatori e giornalisti.

I Lions vinsero per 2-1 la serie e Barry John divenne il re di quella spedizione, “King John”.

Al ritorno in patria, la comitiva fu accolta da migliaia di persone in delirio; nessuno di quei tifosi, però, avrebbe mai immaginato che neanche un anno dopo, al culmine della gloria e della maturità tecnica, King John si sarebbe definitivamente tolto gli scarpini.

Fu il più grande ?

Certo, confrontarlo con i grandi mediani di apertura che si sono succeduti non è semplice, forse è impossibile: il gioco era diverso, il pallone era diverso.

Centrare i pali con un pallone di cuoio inzuppato d’acqua, disposto in una piccola buca nel fango non è certo la stessa cosa che calciare un pallone sintetico e tecnologicamente avanzato, posto su una piazzola appositamente studiata.

Quindi non se ne vogliano i vari Jonny Wilkinson o Daniel Carter, King John resta per noi il più grande.

Tanto più grande perché la sua fama immortale è frutto di una carriera piuttosto breve con solo 25 caps con il Galles.


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