Mauro Bergamasco, gladiatore azzurro

Dopo il trionfo di Murrayfield l’albergo sede del ritiro degli azzurri ospita la festa meritata sul campo dalla banda-Berbizier. Castrogiovanni è felice nonostante le stampelle per l’incidente al ginocchio, Dellapè è sfinito ma raggiante:”Ci siamo tolti la scimmia dalle spalle”, Zanni è il volto della gioventù incredula. Mauro Bergamasco guarda i suoi compagni sorridente dall’alto di una prestazione mostruosa:17 placcaggi(!), un tempo da flanker ed un altro giocato all’ala per emergenza contro Sean Lamont, il più pericoloso degli avversari, uscito distrutto dal confronto, una marea di palloni recuperati ed una presenza da leader.


Qualche anno fa segnò una meta memorabile a Murrayfield, ora la prima che ha sbloccato il risultato.

Questo stadio le piace?:”In effetti non è male – sorride -, due belle mete, anche se molto diverse.

La prima fu espressione individuale, questa è stata frutto del movimento di pressione difensiva di tutta la squadra, la stessa che ha fruttato le altre due mete.”

Se fosse rimasto tutto il match nel ruolo di flanker magari avrebbe avuto il titolo di Man of the Match:”Non scherziamo.

Troncon lo ha strameritato per tutto ciò che ha dato nella partita e per il contributo che garantisce anche fuori dal campo.

Lui è fondamentale con la sua esperienza regala sicurezza a tutti senza contare la grinta che sa trasmettere guidando il pack, su di noi ha un grande ascendente.”

Bello sentire uno dei leader del gruppo parlare così di un elemento appena rientrato in squadra:”Questa vittoria dimostra che il gruppo è solidissimo.

Non puoi portare a casa la vittoria da Murrayfield se i giocatori non sono disposti a sacrificarsi l’uno per l’altro e se non spingono tutti, nessuno escluso dalla stessa parte.”

Lei compirà tra poco 28 anni, si avvia alla pienezza della sua maturità di atleta eppure di nazionali ne ha viste passare parecchie:”Sembra passato un secolo dal mio esordio, avvenuto quando avevo 19 anni.

Ero un ragazzino allora, ed entravo in una squadra composta di giocatori esperti e navigati.

Tutto diverso oggi che ho maturato parecchia esperienza all’estero (è uno dei pilastri dello Stade Francaise di Parigi, n.d.r.).

Ora mi sento in grado, come altri in questo gruppo, di dare il mio contributo anche in termini di leadership ma, soprattutto, di coesione della squadra.

Oggi posso dire che qui ci siamo resi conto della solidità del nostro legame superando momenti difficili insieme. Il risultato si vede in campo.”

Cosa significa per voi giocatori questa vittoria?:”Ha un’importanza eccezionale.

Dopo molte prove in cui è mancato un niente per vincere, c’era il pericolo di perdere convinzione, serenità nel lavoro.

Inutile negarlo, i risultati aiutano, anche se nel rugby bisogna capire che contano molti fattori e il dato numerico va contestualizzato.

Ad esempio, abbiamo perduto 20-7 a Londra giocando un gran match contro una squadra espressione di un movimento che conta un milione di tesserati, mentre il nostro solo 55000.

Difficile spiegare al neofita che si può essere contenti anche per questo.”

A Murrayfield c’erano 5000 italiani che hanno risposto con l’inno di Mameli ad i suoi gesti di incitamento. Quanto conta per voi il crescente interesse attorno al rugby?:”Riceviamo grandi stimoli da questo, sentiamo che si sta creando un grande legame con la nostra gente.

Dobbiamo aiutarli con i risultati.”

Lei ha ancora un grande futuro da giocatore, ma pensa mai al “dopo”?:”Mi mancano tre esami alla Laurea in Scienze Motorie, mi piacerebbe diventare un educatore che inizia i bambini ai valori del rugby, nei quali credo fermamente.”

Intanto, speriamo che continui a giocare a lungo in questo modo.


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