Lo Slam di novembre 2005, gli All Blacks nella storia

Oateroa, la terra della “lunga nuvola bianca”. Una terra di foreste e ghiacciai la Nuova Zelanda, terra di guerrieri e di rugbisti, dove le grandi imprese sembrano possibili.


In quella terra il rugby è la religione che unisce le tre “anime” del popolo neozelandese, quella dei nativi Maori, quella degli isolani tongani e figiani, e quella dei “pakea“, il termine dispregiativo con cui i maori chiamano i bianchi.

Ed è stato proprio un “pakea”, Graham Henry attuale allenatore degli All Blacks, a richiamare dalle nebbie della memoria la leggenda degli invincibili tutti neri, costruendo un 2005 indimenticabile.

La squadra che Henry sta assemblando con il dichiarato intento di vincere i prossimi mondiali 2007 sembra far rivivere le gesta di quelle che, dal 1905 in poi, hanno generato il mito degli All Blacks.

Proprio al 1905 risale il primo, epico tour europeo della squadra passata alla storia con il nome di Originals.

In quel tempo i tour duravano mesi, si viaggiava in nave e gli arbitri vestivano giacche tagliate dal sarto.

I neozelandesi stupirono il mondo, e non solo per quella strana danza- oggi nota come Haka - che mostravano al pubblico e agli avversari prima della partita, sia in segno di sfida sia per dimostrare l’integrazione tra bianchi e nativi.

Era una squadra piena di personaggi leggendari, come il capitano Gallagher, irlandese del Donegal, che morirà poi combattendo nelle Fiandre durante la I° guerra mondiale.

Quella squadra giocò in Europa 35 partite vincendole tutte, tranne una passata alla storia come il match della meta fantasma.

Successe contro il Galles, con il punteggio in bilico i neozelandesi in capo ad una travolgente azione corale spedirono Dean a violare la linea di meta.

Ovale schiacciato a terra per tutti ma non per l’arbitro, lontano per non essere riuscito a seguire l’azione.

Non erano ancora i tempi della moviola in campo, meta annullata.

Anni dopo, sul letto di morte, Dean se ne andò pronunciando la frase:”dite ai gallesi che quella meta io l’ho segnata” che ne consegnò alla storia il ricordo.

Proprio nel 1905 in Nuova Zelanda, intanto, nasceva George Nepia, un maoro che, giocando da estremo con la maglia n.15 guidò a 19 anni, nel 1924, un’altra spedizione europea degli All Blacks passata alla storia come quella degli Invincibili.

Il tour fu lunghissimo e la squadra giocò decine di partite vincendole tutte, con un unico rammarico: i neozelandesi non poterono fregiarsi del titolo dello Slam (possibile solo quando batti tutti gli avversari) per non aver incontrato la Scozia.

Sono queste le squadre che sembrano fare ala battendo le mani come è uso nel rugby per riconoscere il valore di un vincitore agli uomini di Henry che, in questo 2005 tutto d’oro, ne hanno rinverdito i fasti vincendo tutto quello che era da vincere.

I tre test- match contro i Lions britannici venuti a sfidarli sull’erba di casa in giugno, il Tri-Nations contro Australia e Sudafrica in agosto e le quattro partite del tour europeo di novembre contro le Home Unions britanniche, Galles, Irlanda, Inghilterra e Scozia che valgono lo Slam, riuscito solo nel 1978!

Ce n’è abbastanza per passare alla storia di questo sport, ma i tutti neri hanno ancora fame e l’obiettivo è la torta mondiale.

“Voglio una squadra con trenta giocatori intercambiabili” ha affermato Henry, ed il tour lo ha dimostrato: sbriciolato il Galles che aveva dominato il 6 Nazioni 41-3, una settimana dopo l’Irlanda è stata travolta 45-7 dopo che Henry aveva cambiato tutti i 15 titolari del match precedente!

Perfino di un gruppo così – che ha poi vinto la battaglia di Londra con gli inglesi 23-19 – è difficile non citare il capitano Tana Umaga, leader indiscusso della Haka e dello spogliatoio, la versalità di Mc Caw, straordinario cacciatore di palloni e di avversari, il talento purissimo di Dan Carter, la potenza devastante di Collins e So’ialo, la forza e la tecnica di Hayman e Woodcock, la leadership di Jack e Mealamu, la velocità di Gear e Howlett, e si potrebbe continuare ancora e ancora.

Guardandoli giocare sembra che assieme a loro corrano ancora gli eroi del passato Gallagher, Dean e Nepia, guardandoli giocare ci si innamora di quelle felci argento sulle maglie nere, guardandoli giocare ci si innamora del rugby.


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